22 luglio 2013

Tetris e il Muro di Berlino


Quando la storia è un incastro di cose.


Mi dedicavo al mio passatempo preferito, il pentamino, quando mi è venuta in mente la storia di Tetris, il famoso gioco con i mattoncini che insieme a Pong, Space Invaders, Pac-Man e Mario si contende la palma della leggenda dei videogames. 

Tetris comincia a circolare nel 1984. Sono copie amatoriali, girano tra gli amici e gli appassionati di elettronica. Il creatore si chiama Alexey Pajitnov, un giovane ragazzo con gli occhiali grandi e un po’ di barba incolta, appassionato di macchine, circuiti e luci a impulsi. Studia nell’Accademia Sovietica delle Scienze di Mosca, una delle poche istituzioni che gode di una certa libertà e autonomia nella plumbea atmosfera della cultura accademica sovietica.

In quel periodo si assiste ad una transizione importante fra gli uomini di potere. In pochi anni si susseguono tre segretari generali del PCUS: morto Breznev nel 1982, subentrano i “giovanissimi” Andropov e Cernenko, che lasciano poi il posto a Grobacev nel 1985. La situazione economica è stagnante e si porta dietro tutta la pesantezza di una struttura burocratica elefantiaca. Il sistema sovietico comincia a scricchiolare, mentre la società civile guarda verso ovest. Il muro di Berlino, sta diventando sempre più una sorta di rovina romana. Ha già il sapore dell’antico.

Pajitnov lavora a esperimenti sull’intelligenza artificiale, ma dedica anche molto tempo ai giochi da tavola, sua vera passione. Perde la testa con il pentamino, un gioco popolare in Russia che consiste nell’incastrare dei mattoncini di varie forme e colori in modo da creare un quadrato. Tetris, in pratica. Con la variante dei pezzi fatti da quattro (tetra) mattoncini invece di cinque. Tetra + is = Tetris. Si dice che il suffisso “is”sia un omaggio al tennis, sport preferito di Alexey.


Così, il nostro si mette a lavoro e sforna il videogioco. Nasce Tetris. Un gioco semplice e allo stesso tempo ipnotico, capace di tenerti incollato per ore. Dopo una giornata intera cominci a vedere tutto diviso in blocchi da quattro. Non lo consiglio. In pochi mesi le case di Mosca si riempiono di mattoncini colorati.


Dopo un po’ di giri, il gioco finisce in Ungheria dove viene commercializzato attraverso la collaborazione con un’azienda inglese. Segue un’avvincente storia di diritti, acquisti, fusioni, esclusive, Nintendo e tanto altro. Ve la risparmio.
La cosa comica, o commovente se volete, è che Alexey Paijtnov non becca un rublo da questa sua creazione. Un gioco stravagante, particolare, con questo accattivante motivetto a 8 bit, che nel giro di pochi anni conquista il mondo. From Russia with love: così viene pubblicizzato. Un fenomeno globale, soprattutto dopo che la Nintendo decide di vendere Tetris con la prima console portatile: il Game Boy. E Paijtnov non becca un rublo semplicemente perché in Unione Sovietica i diritti sono collettivi e lui, pur di vedere circolare velocemente il suo lavoro, decide di lasciare tutto alla madre patria; fino al 1996, quando crea la Tetris Corporation e rientra in possesso dei diritti. 



Ora Tetris è un classico, divertente e tutto. Contestualizzato rispetto al periodo in cui è nato, però, regala un sapore diverso. Racconta il variegato mondo degli anni Ottanta, la traccia così superficiale e così profonda che hanno lasciato sulla storia. Il Muro di Berlino è già andato in frantumi in quegli anni. I blocchi che piovono dall’alto vengono da lì: da quella linea di confine (di cosa? ce lo siamo dimenticato) che pretendeva di essere così invalicabile. Le schegge di quella ideologia roteano nell’aria, colorate come i murales fioriti sulle pietre grigie del Muro, e finiscono nello schermo di Tetris. 

Il giocatore può iniziare la partita.

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